Enti locali - la politica di frontiera
La forza di un ente locale di fornire risposte al cittadino viene messa a repentaglio sostanzialmente da un connubio di due fattori: incapacità ed impossibilità.L'incapacità è costituita da quella serie di vizi ormai endemici alla P.A.: inoperosità dei dipendenti, scarsa formazione, organizzazione caotica, gerarchia poco chiara, duplicazione dei ruoli e delle competenze, eccessiva burocratizzazione del sistema-ente. Tutto ciò crea un disagio a sua volta duplice: incapacità organizzativa (quindi di previsione e gestione della macchina amministrativa) e incapacità di fornire un servizio al cittadino coerente e lineare.
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Il problema della incapacità di offrire servizi al cittadino puntuali ed esaustivi è invece risultante dalla tendenza alla moltiplicazione degli uffici e delle competenze, causata dall'eccessiva burocratizzazione del sistema, che sovente stordisce e scontenta il cittadino-utente. Per calcolare gli effetti negativi di tale approccio, basti pensare a quanto sia avvilente per lo sviluppo economico la difficoltà alla quale oggi è necessario far fronte per aprire un'impresa, anche di modestissime dimensioni. Possibili soluzioni in questo senso possono essere date dall'accorpamento del front-office dei diversi settori (sociale, istruzione, tributi, demografico, commercio), lasciando la lunga trafila di carte e scartoffie al back-office e quindi ai dipendenti comunali; o anche la creazione di mappe dei servizi che siano chiare e fruibili da tutti. Altro supporto deve necessariamente venire dall'informatizzazione dei servizi di base, quali ad esempio anagrafe e tributi, anche al fine di far fronte alla progressiva diminuzione del personale pubblico imposto dal turn-over al 20%. Il cittadino oggi dispone di sempre minor tempo per recarsi fisicamente al Comune, per cui tale informatizzazione è quanto mai necessaria.
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Probabilmente, la via giusta sta nel mezzo. La politica avrà la forza di chiedere sacrifici ai propri cittadini solo quando avrà la capacità di eliminare clientelismo e sprechi dal proprio codice genetico; quando sarà in grado di coniugare il supporto alle “strutture amiche” con i servizi al cittadino, il consenso con il merito. La strada è sicuramente in salita per chi è stato abituato a “dare” senza costruire una prospettiva per il futuro della propria città, ma è l'unica strada possibile.
Per andare in questa direzione, l'ente deve subire una doppia trasformazione: al suo interno e verso l'esterno.
Al suo interno, esso deve razionalizzare i costi accorpando e digitalizzando i servizi; trarre forza dalla norma che gli permette di incassare integralmente i maggiori proventi derivanti dalla lotta all'evasione fiscale creando un Ufficio Unico dei Tributi che agisca in maniera coordinata incrociando i controlli; dotarsi di un Ufficio Gare (investendo quindi nella formazione professionale di risorse umane atte a tal scopo) che monitori costantemente i bandi sovracomunali e realizzi materialmente i progetti per accedere ai fondi collegati.
Verso l'esterno, l'ente locale deve evolvere la propria capacità di relazione con l'utente: da ente “attuatore” (quindi erogante diretto di fondi e servizi) deve farsi ente “mediatore”, deve cioè creare le infrastrutture che diano la possibilità ai cittadini di investire su loro stessi. A titolo esemplificativo: invece di erogare direttamente contributi ad associazioni ed imprese, creare sportelli di sostegno all'imprenditorialità ed alla progettazione; invece di promettere posti di lavori, creare Centri di Orientamento al Lavoro. In questo modo si raggiunge il duplice obiettivo di ridurre le spese comunali e di sostenere il merito piuttosto che il clientelismo.