Francesco Petrocchi

l'italia degli esempi - Campo EUROTA 2012

In un momento di buio dei lampi possono rischiarare l’orizzonte ed indicare la via. Abbiamo per questo voluto richiamare degli esempi durante il nostro campo, affinchè siano da stimolo e da monito per guardare al futuro della Nostra Nazione con riscoperto vigore e coraggio, consapevoli che ciascuno dovrà fare il proprio.

Il 2012 è un anno di due importanti anniversari: 20 anni dalle stragi di Mafia e della uccisione di Falcone e Borsellino, 70 anni dalla Battaglia di El Alamein. Due ricorrenze che storicamente e cronologicamente sono totalmente slegate ma sono intensamente accomunate dall’Esempio che gli Italiani seppero dare, consci di combattere battaglie immensamente più grandi di loro. Ma seppero essere all’altezza della prova. Chi sopravvisse e chi perì. Ad imperitura dimostrazione di coraggio, lealtà, amor di dovere.

Concetti, tutti, evanescenti, già da tempo nello spirito del Popolo Italiano. Ed invece da qui occorre ripartire. Senza retorica ma con l’Azione.

E’ nei momenti bui come questi, in cui le speranze nel futuro si assottigliano che occorre rispolverare quei valori ed esempi che, ahinoi, qualcuno aveva chiuso nello scantinato di un rigattiere e sistemati tra anticaglie ritenute inservibili, per tenerli lontani dalle cure della nostra coscienza.
E’ nei momenti bui come questi che la saetta che tocca lo spirito rinvigorisce più di qualsiasi teoria economica, prospettiva sindacale, comizio politico.

Per anni ci hanno fatto credere che l’Italietta non era altro che una nazione destinata al declino che ora sta subendo. Ci hanno fatto credere che l’italiano medio è quello seduto al bar, incurante dell’interesse generale e del prossimo, con l’unica stella polare della furberia. Ci hanno talmente convinti di ciò che in parte siamo diventati tali. In una società che da 50 ANNI incoraggia la cultura della furberia chi fa il proprio dovere è emarginato o comunque considerato “strano”.

E non ci hanno mai raccontato che storie gloriose ed eroiche hanno caratterizzato la vita del nostro popolo. Le hanno oscurate e mai trasmesse in chiaro. Occorreva il decoder dell’anticonformismo e della libertà di pensiero al di fuori ed al di là della storiografia ufficiale, in cui è raccolta l’arida sintesi dei fatti narrata senza sussulti e senza anima. Per impartire nozioni e non esempi. Serviva un po’ di eresia che, appunto, rende “strani”. Ma l’eresia non si acquista all’Euronics, si conquista passo dopo passo.
Ed allora ecco degli Esempi che a scuola si apprendono solo come ipotesi di risoluzione di un problema geometrico e non come valore in sè dell’Uomo.

Eppure di Esempi ce ne sono. Di storia ed attualità.

C’è chi ha affrontato le forze soverchianti del nemico senza cedere di un passo come gli eroi di El Alamein e chi ha ricostruito la propria vita distrutta dalla ferocia assassina di personaggi ignobili, anche con l’oltraggio di non poter ricevere giustizia come Alberto Torreggiani, la cui famiglia e vita hanno incrociato l’ideologia sanguinaria di Cesare Battisti.
Ma la storia molto spesso è stata svilita a toponomastica, utile solo per fissare le coordinate del tom tom. E proprio dalla toponomastica è utile partire per dare anima e corpo e strade e vie.
Il Duca degli Abruzzi negli indirizzari e nella intitolazione di scuole è tra i più presenti.
Eppure è lecito chiedersi chi fosse e darsi una risposta in quanto persino molti studenti che frequentano ed hanno frequentato l’omonima scuola magari non lo sanno ed i professori si sono tenuti ben lungi dal descriverne le gesta.

Luigi Amedeo di Savoia Aosta Duca degli Abruzzi, non ci interessa richiamarlo alla memoria per connotati politici o blasone reale, ma semplicemente perché Esempio, di umiltà, rigore, spirito di intraprendenza, innovazione, solidarietà. Tante caratteristiche per un uomo che non a caso è definito come “ammiraglio, esploratore e alpinista italiano”.
Qualcuno storcerà il naso e penserà che si ripescano personaggi dalla naftalina. E’ quello che ci hanno fatto credere per tanto tempo ed anche per questo, correremo ancora il rischio di essere giudicati  “strani”, nel ripercorrere seppur succintamente la attualità del Duca degli Abruzzi.
Nasce a Madrid nel 1873 e viene educato secondo il costume di Casa Savoia.
In primo luogo pur discendendo dalla famiglia reale  regnante in Italia facendo “la gavetta”. Infatti a soli 6 anni viene accompagnato dal padre nella Caserma del Corpo Reali Equipaggi di La Spezia  per essere iscritto nei ruoli della Marina come “mozzo” ovvero come ragazzo che sulle navi fa i più umili servigi. Si narra che il padre fu ascoltato dare questa “raccomandazione” “E mi raccomando:nessuna preferenza !” .
Così fu avviato alla vita. Da mozzo divenne Capo dell’Armata Navale italiana all’inizio della prima guerra mondiale e si distinse oltre che per abnegazione anche per una operazione poco conosciuta ma di grande valore umano. Salvò infatti attraverso le navi da lui comandate, incurante del pericolo e con una continua spola marittima 185.000 profughi dell’esercito serbo in rotta ed in fuga ormai allo stremo delle forze e vicini a morte sicura.
Organizzò la prima spedizione vittoriosa al Polo Nord con una impresa mai tentata prima. Tre uomini della spedizione muoiono ed i loro corpi non verranno più trovati. Il Duca degli Abruzzi è costretto alla amputazione di due dita congelate, così come il suo fraterno amico e compagno di esplorazione Umberto Cagni che da solo con una semplice forbice amputò l’indice della mano destra ormai in cancrena.
Alle 22 del 23 aprile 1900 la spedizione guidata da Cagni raggiunge 86 gradi e 19 di latitudine nord superando i precedenti primati. Lo stesso Cagni racconta così quel balzo decisivo:”Di quella marcia ho il ricordo come di un sogno; non si sentiva la fatica; pareva che la vita, su quella bianca pianura interminabile, consistesse nel mettere un piede innanzi all’altro, e pareva di trovare in quel movimento meccanico la pace dello spirito ed il riposo del corpo.
E si continuò per molte ore. Passarono le 7, passarono le 8 ed anche le 9 e si camminava ancora !
Solamente poco prima delle 10 rinvenni da quella specie di assopimento del cervello, pensai che il domani si doveva ancora marciare ed ordinai di fare il campo.
Si allinearono le slitte e si piantò la tenda senza pronunciare una parola: eravamo istupiditi dal successo !
Ma di colpo mi scuotevo, e tratta febbrilmente dal caiaco la nostra bandiera, la sventolavo gridando: Viva il Re ! Viva l’Italia ! Viva il Duca degli Abruzzi ! … Ed un urlo ripetuto, strozzato dall’emozione del trionfo, uscì dal petto dei miei compagni.”
Scalò per primo il Ruwenzori, la vetta d’Africa e chiamò, come ancor oggi è denominata, la sua punta più alta “Punta Margherita” in omaggio alla Regina Madre.

Nel 1920, recatosi in Somalia, fonda la SAIS società agricola italo somala ed il villaggio che prenderà il suo nome. Con una intuizione ed una lungimiranza impensabili per l’epoca, in cui il colonizzatore era impegnato soltanto nello sfruttamento, dà vita ad un esperimento sociale ed economico avveniristico. Promuove la convivenza tra Italiani e Somali, bonifica 25 mila ettari che rende destinati alla agricoltura non solo di sussistenza ma di scambio, rendendo autosufficienti gli indigeni. Dota i luoghi di una diga, strade, ferrovia, chiesa, moschea, cinema –teatro, bazar, negozi, fabbriche per la produzione di cotone e zucchero.
Muore per un tumore  a 60 anni il 18 marzo 1933 nel Villaggio da lui fondato. Gli indigeni si tagliano i capelli, l’usanza somala quando muore un parente. Viene tumulato provvisoriamente nel suo villaggio, ma il Duca degli Abruzzi è ancora lì, sotto un semplice masso di granito su cui è scolpita una croce. Come d’altronde sicuramente avrebbe desiderato. Tutti si fecero rappresentare ma nessuno si mosse da Roma per rendere omaggio a colui che tanto aveva onorato l’Italia.
Ma un seme l’aveva gettato. Amedeo d’Aosta, eroe di Amba Alagi, il nipote  cui aveva confidato gli ultimi entusiasmi e con cui era stato spesso in Africa, scriverà:”La vita è bella e il mio pensiero corre allo zio Luigino il cui ricordo è ognora vivo ovunque, qui. I più bei monumenti, i più duraturi, sono quelli costruiti nel cuore della gente.”
Nel 1992 la missione Restore Hope di supporto ai civili, tentò di recuperare i resti del Duca per sottrarli al rischio di profanazione ma infine, su richiesta della popolazione locale, ancora molto legata al ricordo di un uomo che portò loro una vita dignitosa, la tomba fu lasciata in Somalia.